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Non ogni momento è quello giusto per comunicare

Nella comunicazione la scelta del “momento” è di fondamentale importanza. Un momento non vale l’altro, checché se ne dica, e un errore temporale può incidere pesantemente sull’efficacia del messaggio.

Spesso si tralascia il “momento”, ma è una superficialità che può davvero costare cara.

Non si tratta semplicemente di “cercare” il cliente, intercettarlo e trasmettergli il messaggio giusto. Certo tutto questo è rilevante. Fondamentale per implementare l’efficacia della strategia di comunicazione. Ma è importantissimo anche farlo nel momento giusto, allorquando è forte il bisogno e maggiore quindi è non solo l’attenzione ma anche la propensione all’acquisto o alla scelta.

Quanto sarebbe efficace una straordinaria offerta di rottamazione, per un consumatore che ha appena acquistato un’auto nuova? O la promozione di un check-up sanitario gratuito, per chi gode di ottima saluta ed ha appena effettuato uno screening completo?

Il momento conta, e non poco. Spesso si opera cercando il “momento del bisogno”. Comunico la bontà del mio prodotto/servizio a chi, esattamente in questo momento, ne ha bisogno.

Tutto questo però pone anche dei problemi non secondari per chi opera nel campo della comunicazione:  intercettare il proprio target e veicolare il messaggio nel momento del bisogno, significa anche operare, dal punto di vista strategico, nel momento in cui il target di riferimento ricerca, intercetta e riceve il massimo flusso di informazioni. Caotiche, scoordinate, contraddittorie. E spesso, diciamolo onestamente, anche più efficaci e convenienti.

Se è vero che è in quel preciso momento che sta maturando il processo decisionale e anche la scelta, è altrettanto vero che nel “marasma” informativo la “scrematura” potrebbe risentire dei criteri più disparati. Finanche del caso o della stanchezza, a scapito della bontà e dell’efficacia del messaggio.
Nel marasma delle informazioni che si cercano (e si intercettano) nel momento del bisogno, è insomma molto più difficile emergere e differenziarsi.

E allora? Come muoversi? Qual è il momento giusto per “comunicare”?

Non è semplice, non tutti lo fanno e non tutti lo sanno fare: ma bisogna, in questo caso come in tantissimi altri, “differenziarsi”. Uscire dal mucchio ed imporsi con forza ed originalità prima che il cliente/consumatore abbia bisogno del prodotto/servizio: il rapporto va strutturato prima, quando il bisogno è, come si dice in gergo, latente e potenziale.

E’ quello il momento giusto per creare un rapporto di fiducia e di (reciproca) comunicazione da capitalizzare quando poi il bisogno sorgerà e diverrà effettivo.

Perché se il rapporto è stato ben costruito e strutturato in precedenza, ben difficile sarà che nel momento del bisogno, il nostro consumatore-utente si faccia ammaliare dalle sirene e ricerchi altrove quello che ha già sotto il naso, tra le mani.

È insomma, prima del bisogno, il momento giusto per conquistare il proprio target, i propri utenti e i propri consumatori.

Dopo è più difficile, più costoso e meno fruttuoso.

Ordini professionali e comunicazione: il futuro è già iniziato

Ordini professionali, associazioni di categoria, enti datoriali: la comunicazione cambia, e tocca rivoluzionale logiche, mezzi, strategie per affermare e valorizzare la credibilità e l’autorevolezza della categoria, le attività di ricerca svolte, o semplicemente per aggregare, informare e radicare l’importanza del “mestiere”, la valenza della categoria.
Comunicazione ordini professionali2La comunicazione è un vantaggio competitivo anche per gli Ordini e le associazioni di categoria, non solo per le aziende e gli studi professionali più qualificati: non è un optional, ma un elemento strategico per tutte quelle attività che vivono di “relazioni” con il mondo esterno.

Ma come per qualsiasi azienda, anche per gli ordini professionali e le associazioni di categoria, occorre una pianificazione consapevole del percorso di comunicazione, evitando improvvisazioni e – appunto – il ricorso a strumentazioni e metodologie antiquate, superate e inefficaci.

Mai come ora è in gioco la capacità di legittimare il ruolo, la funzione sociale non solo in termini di visibilità e prestigio nei confronti di un’utenza sempre più attenta ed esigente, ma anche in termini di “credibilità” verso un mercato del lavoro che richiede profili professionali e servizi sempre più avanzati e “accessibili”. È importante quindi – per gli Ordini professionali come per ale aziende – rivolgersi ad operatori capaci di utilizzare tutte le leve della comunicazione, e non solo strumenti classici come l’ufficio stampa o la pubblicità.

Una pianificazione efficace oggi deve guardare a servizi integrati di comunicazione per trasmettere all’esterno il proprio impegno, le strategie associative, i servizi offerti.

L’ufficio stampa tradizionale e le classiche inserzioni pubblicitarie non bastano più. E costano, tanto più in rapporto ai risultati conseguiti. Tocca una difficile quadratura del cerchio: contenere e ottimizzare gli investimenti in comunicazione, implementando l’efficacia delle azioni.

È possibile con un piano di comunicazione realmente “integrato”, che abbracci una pluralità di canali e di mezzi, interagendo e ponendosi anche a servizio dei media, oltre che dell’utenza e degli associati.

La strategia della IPSE prevede – tra le altre cose – un service video-fotografico di supporto alla comunicazione tradizionale, con la possibilità per i media di “scaricare” il materiale via web risparmiando sui costi di produzione, ma anche la realizzazione di servizi informativi video da pubblicare su siti web e canali social istituzionali, fino alla diretta streaming degli eventi di particolare rilevanza.

La IPSE è in grado di realizzare ex novo o restyling di siti e portali web per sposare al meglio l’interazione con tutti i canali social e la pubblicazione dei web e social video che, lo dicono più fonti (basti citare Google e Facebook), sono il futuro della comunicazione on line.

Con il supporto della IPSE qualsiasi sito può trasformarsi – con investimenti contenuti – in una web-tv, in grado di garantire servizi informativi specifici, tecnici e qualificati, ma anche di erogare formazione online per l’erogazione di crediti formativi, sfruttando tecnologie estremamente innovative.

L’investimento complessivo, spesso, è inferiore al costo di un addetto stampa “tradizionale”.

Per dettagli e quantificazioni precise – ovviamente senza impegno alcuno – in funzione delle specifiche esigenze di comunicazione, basta un contatto (info@ipseonline.it; 089 9850096) e un appuntamento.

Social Video, ciak sul futuro: cosa sta avvenendo, cosa avverrà

Negli ultimi anni, il video è diventato lo strumento principe per i grandi marchi (e non solo) attraverso cui raccontare le proprie storie sui social media: sempre più diffuso è quindi il ricordo ai “social video”.

La grande popolarità e visibilità che un buon video garantisce su quasi tutti i social, spinge quotidianamente sempre più aziende a pianificare prodotti sempre migliori, “virali”, con contenuti in grado di “rimanere” nella memoria collettiva attivando quei meccanismi di condivisione che tanto bene fanno a qualunque strategia di web marketing.

vid3Non è un caso che tutti i web makers usino sempre più frequentemente la potenza dei video per comunicare la “personalità” di aziende, le storie di business, di marca e di prodotto, o anche semplicemente per esprimere la propria creatività e costruire connessioni emotive con fan e seguaci.

Una strategia che funziona: il 51,9% dei professionisti del marketing che si avvale di produzioni video consegue (stando ad una ricerca effettuata da Adobe) i migliori riscontri economici e di visibilità. Non è un caso che oltre il 60% dei marketers prevede di aumentare gli investimenti in video nel corso del prossimo anno.

Animoto conferma che i social video garantiscono risultati di business migliori, che le piattaforme social puntano sempre più su contenuti video, e che il mercato on line guarda con decisa attenzione a quei percorsi di sviluppo in cui video e mobile si incastrano e interagiscono armoniosamente ed efficacemente.

Il video sta crescendo in maniera esponenziale su tutti social media (ultimo, ma soltanto in ordine di tempo, LinkedIn).

Cosa aspettarsi quindi nel prossimo futuro? Sicuramente strategie di marketing on line che comprendano contenuti video brevi ma di elevata qualità, con contenuti “forti” e pregnanti, di “servizio” per fan e followers, fruibili agevolmente da qualsiasi device.

Nulla che possa insomma essere demandato all’improvvisazione.

I video “fai da te” lasciamoli ai profili personali e alle emozioni familiari. Per comunicare marchi, prodotti, servizi, meglio puntare su qualità, professionalità, competenza, tecnologia.

Conviene. Spesso costa decisamente meno – in tutti i sensi – rispetto ad una qualsiasi strategia rabberciata e approssimata.

Agenzie immobiliari, le strategie di web marketing della IPSE

Segnali di ripresa dal mercato immobiliare: domanda in aumento e prezzi stabili. Dati sicuramente confortanti, quelli registrati nel primo semestre di quest’anno, che impongono alle agenzie immobiliari nuove e più efficaci strategie di marketing e comunicazione per “cavalcare” la ripresa e consolidare il trend positivo.

Come però le agenzie possono approfittare – di più e meglio – dell’onda della risalita? Di certo non puntando sugli usuali mezzi di comunicazione né tantomeno rapportandosi con la clientela solo con i sistemi “tradizionali”, in molti casi davvero obsoleti.

Nei tempi dell’interazione, dell’interattività e della multimedialità, ci vuole di più.

Dati e numeri parlano chiaro: oggi la ricerca di un immobile avviene sempre più in internet, è sempre più il web a orientare le scelte del cliente e le persone chiedono sempre più alle agenzie una dimensione “umana”, una vicinanza reale alle loro esigenze, un dialogo e una “relazione” che si sostanzi in messaggi individuali e personali. Nulla che possa essere soddisfatto e canalizzato attraverso canali e strategie tradizionali.

Le agenzie devono sempre più interfacciarsi con la clientela – reale e potenziale – fornendo non solo un servizio efficiente e qualificato di informazione sugli immobili disponibili, ma anche un supporto tecnico, legale, burocratico, amministrativo. Un aiuto “pratico”, insomma, con indicazioni e consigli in un momento di grande importanza e delicatezza quale quello dell’acquisto (o della vendita) di una casa.

L’usuale volantino che il più delle volte finisce cestinato, o la semplice presenza on-line non basta più: occorre un sito aggiornato in tempo reale, responsive, (sempre più frequente è l’accesso da smartphone e tablet), ed essere presenti laddove, sul web, i clienti (reali o potenziali) si confrontano, si scambiano idee e pareri, pubblicano le proprie esperienze.

Occorre uno “scatto in avanti” che consenta all’agenzia di trovarsi in prima linea ogni qual volta qualcuno pensi di vendere, acquistare o fittare immobili nel territorio di riferimento (e non solo).

Come? La IPSE ha definito una strategia modulare estremamente innovativa che punta a raggiungere questi obiettivi senza dimenticare un altro dato inconfutabile: la crisi morde ancora le imprese, e le agenzie immobiliari, al di là della ripresa del mercato, sono ancora costrette a far quadrare i conti con grande difficoltà.

La strategia della IPSE prevede

  1. La creazione di un sito web-tv (o l’adeguamento tecnico di quello esistente), al fine di trasformarlo in una vera e propria “web tv” in cui l’acquirente può visitare on line l’immobile che interessa (e rivederlo più volte, con gli immaginabili risparmi in termini di organizzazione e svolgimento delle “visite”) e, nel contempo, venditore e coarton29367mpratore possono accedere a rubriche qualificate di supporto alla compravendita.
  2. La progettazione e la stampa di un volantino-flyer mensile A4 full-color per la promozione degli immobili ma anche del canale web-TV e dei vari link agli immobili che interessano (con una ulteriore finalità non secondaria: i vari “click” incrementano sensibilmente la web reputation dell’agenzia e la pongono in grande visibilità allorquando qualcuno effettuerà ricerche online con le keyword strategiche).
  3. Gestione o cogestione dei profili social (Facebook, Twitter, Google+, Instagram e Youtube/Vimeo) per tre mesi, sei mesi o un anno. Qualunque strategia di web marketing non può ormai prescindere dai social media. E la presenza deve non solo essere qualificata e visibile, ma anche perfettamente integrata – con strategiche interazioni e rinvii – con il sito web aziendale, centro vitale e pulsante della strategia di comunicazione online.
  4. Realizzazione di materiale fotografico di supporto alle inserzioni sul web, sulla locandina e sui social
  5. Realizzazione di social video da pubblicare sulla web-TV e sui profili social: brevi filmati della durata di 1,5-2 minuti ca. per la presentazione degli immobili, di 2-3 minuti per consigli tecnici, burocratici e amministrativi. Il tutto caricato su Vimeo o YouTube per una ottimale indicizzazione sui motori di ricerca.

L’assoluta modularità della proposta IPSE consente a ciascuna agenzia immobiliare di “confezionare” il prodotto in base alle proprie esigenze o anche di avviare una fase di sperimentazione per poi implementare il servizio.

I costi? Meno della stampa e della distribuzione “a tappeto” di una usuale rivista: da 460 euro mensili per un servizio veramente “chiavi in mano”. Meno anche delle strategie più improvvisate e scoordinate. Ma estremamente più impattante dal punto di vista dell’efficacia. Provare per credere: la verifica e l’analisi di fattibilità, ovviamente, è gratuita e senza impegno.

Info e contatti: info@ipseonline.it; Tel. 089 9850096

Errori Mortali da evitare quando lanci un Brand

Quali sono gli errori più comuni che si dovrebbero evitare quando si costruisce un brand?

Essere un imprenditore e lanciare un marchio non è facile. Ci vuole un sacco di abilità, duro lavoro e di solito un po’ di fortuna. Quando si tratta di decisioni di branding, a volte un brutto errore può far fallire anche l’idea migliore. Per essere sicuri che questo non ti accada, assicurati di evitare di fare alcuno tra questi sei errori più comuni di branding:

1. Essere orientato al cliente e non al concorrente.

Si può supporre che la maggior parte dei vostri concorrenti saranno orientati al cliente. Quindi, cosa succede nel mercato? Tutti finiscono con il mettersi sul mercato con un prodotto simile a quello degli altri.

Già nel 2009, abbiamo iniziato a lavorare per la Great Wall Motor in Cina. La ricerca che abbiamo ricevuto da parte del cliente ci ha detto che gli acquirenti cinesi preferivano berline piuttosto che i SUV, perché le berline sono più prestigiose e i SUV sono considerati veicoli pratici senza status sociale.

Quindi abbiamo consigliato a Great Wall di concentrarsi sui SUV perché le altre 28 aziende automobilistiche cinesi si sarebbero probabilmente concentrate sulle berline.

Di conseguenza, la Great Wall è diventata la più grande e più redditizia azienda automobilistica cinese.

Gli imprenditori dovrebbero fare lo stesso. Inizia analizzando i concorrenti e cerca di trovare un modo per essere diverso. Non puoi vincere essendo il migliore; puoi vincere solo essendo diverso.

2. Non definire il tuo obiettivo.

Ogni marchio di successo ha un obiettivo. Se il tuo marchio è leader di mercato come Pizza Hut, il tuo obiettivo è la “leadership”. Domino ha limitato il proprio obiettivo alla“consegna a domicilio” ed è diventato la seconda più grande catena nella vendita di pizza. Papa John ha limitato il proprio obiettivo a “migliori ingredienti, migliore pizza.” Little Caesars ha ridotto il proprio obiettivo a “due pizze al prezzo di una”. Ci sono centinaia di catene di pizzerie, ma queste quattro catene dominano la categoria.

Per gli imprenditori, è necessario assicurarsi che la propria azienda abbia una forte prospettiva e tutte le azioni e gli obiettivi siano in linea con esso. Chiediti, in quale categoria competo? E come posso esprimere in due o tre parole il mio essere differente?

3. Pensare ai nomi non ha importanza.

L’azienda Hansen Natural ha avuto una grande idea. Lanciare un energy drink da 0,5 l che competesse con quella da 0,25 l. di Red Bull e degli altri brand di energy drink. Il nome del marchio: “Hansen’s Natural Energy Pro.”

Il marchio non è andato da nessuna parte. Poi Hansen ha lanciato la bevanda energeticaMonster, sempre in una lattina da 0,5 l. Oggi, Monster è un forte marchio, secondo solo a Red Bull.

I nomi vengono alla fine. Gli imprenditori devono prima sviluppare una strategia di marketing. E quindi dare un nome ai loro prodotti o ai loro servizi in modo da riflettere tale strategia.

4. Non usare un forte Visual Hammer.

Molti brand forti sono stati costruiti utilizzando un Visual Hammer che comunica qualcosa circa la marca. Il profilo della bottiglia di Coca-Cola. Il cowboy della Marlboro. Il lime della Corona. Il calice della Stella Artois. La fetta d’arancia di Blue Moon. Il geco di Geico. L’anatra di Aflac.

Prima di lanciare un prodotto o servizio, gli imprenditori dovrebbero cercare di trovare un Visual Hammer che rafforzi la strategia di marketing.

Molto spesso, questo richiede un cambiamento di strategia o un nome del marchio differente, o entrambi.

5. Supponi che il tuo nuovo marchio decollerà rapidamente.

Questo porta a molte decisioni sbagliate, come ad esempio spendere pesantemente in pubblicità per lanciare il marchio.

Oggi, il modo migliore per lanciare un nuovo marchio è con le PR. Si dovrebbe usare la pubblicità solo dopo che il marchio si è affermato. Il nostro mantra è prima PR, poi pubblicità.

Tenete a mente, gli imprenditori dovrebbero essere pronti a investire una notevole quantità di tempo a fare PR. Impiegare una società di PR è un’opzione solo per le aziende che hanno già costruito un business sostanziale, altrimenti è uno spreco di tempo e denaro.

6. Estensione del marchio.

Una volta che il marchio comincia a decollare, è necessario resistere alla tentazione di espandersi. Guarda il McDonald. Nonostante l’aggiunta di decine e decine di elementi per i suoi menu, la catena è oggi in difficoltà.

Dall’altro lato, guarda In-N-Out Burger, una catena della West Coast che ha ancora solo quattro cose da mangiare sui suoi menu: hamburger, cheeseburger, doppio-doppio (un doppio hamburger) e patatine fritte.

Le vendite per unità dello scorso anno. McDonald: 2.476.000 $. In-N-Out Burger: 2.546.000 $. (Se In-N-Out Burger fosse stata una catena nazionale, le vendite sarebbero probabilmente state molto più grandi.)

Guarda Yahoo, una società che un tempo dominava il mercato “ricerca” su Internet e valeva $ 140 miliardi sul mercato azionario. Ma Yahoo si è rapidamente diversificata in un portale e fatto molte acquisizioni trasformandole in Yahoo Mail, Yahoo giochi, gruppi di Yahoo, Yahoo Pager, etc. Oggi, Yahoo vale solo $ 30 miliardi di dollari sul mercato azionario e forse $ 25 miliardi di dollari di ciò è dovuto alla sua partecipazione in Alibaba.

Nel frattempo, Google è rimasto un motore di ricerca puro ed ha ora un valore di $ 498 miliardi di di dollari sul mercato azionario. Ma anche Google sta cadendo nella trappola di espandere il suo marchio. Questo è il mantra delle imprese americane, continuare ad espandere il marchio fino a quando non precipita dalla scogliera.

Fatta eccezione per l’espansione geografica, gli imprenditori non dovrebbero quasi mai espandere i propri marchi. Molto spesso, però, dovrebbero fare il contrario: restringere il campo gli obiettivi.

Laura Ries

Brandpositiongitalia.com (http://brandpositioningitalia.com)

 

Il “posizionamento”, questo sconosciuto…

Quali sono i fattori determinanti del “brand positiong”? Che cosa, in sostanza, induce un consumatore ad acquistare un prodotto piuttosto che un altro?

Ci sono svariati miti da sfatare in questo campo: non è innanzitutto il fattore prezzo. Basta guardarsi intorno: il mercato pullula di prodotti ben più economici di quelli rinomati. Vendono sicuramente, ed hanno un loro “mercato”, ma non lo dominano. Le scarpe ginniche a buon – anzi ottimo – mercato vendute dai tunisini al mercato serttimanale hanno indubbiamente una loro quota di mercato: ma per quanto scimmiottino (o addirittura plagino) i grandi marchi, non ne “rubano” o scalfiscono il brand.

matitaE anche la qualità – checché si possa pensare – non è un fattore determinante: basta guardarsi intorno. Per ogni settore merceologico, potremmo individuare i prodotti “migliori” per qualità o anche per rapporto qualità prezzo. Ma sulla qualità i consumatori non sempre sono così convinti: come si fa a stabilire tra due prodotti – un’auto, un PC, un succo di frutta, un capo d’abbigliamento – qual è qualitativamente il “migliore”? Non è affatto agevole.

E poi, i prodotti di qualità – quali che siano – sono anche i più venduti sul mercato? Spesso, spessissimo, no.

E allora? E allora il brand positioning è altra cosa e risente di altri fattori. Ha a che fare con la testa, il sentimento e la percezione del consumatore. Se nella sua testa, nel momento in cui si parla di penne, scatterà l’immagine della penna Bic, hai voglia a disquisire su qualità, prezzo e quant’altro…

Una buona strategia di posizionamento quindi deve puntare dritto alla testa e al cuore del consumatore finale. Perché se riesce ad entrarvi e far “scattare” le giuste leve motivazionali…poi non ci sarà concorrenza che possa scalzare via. Se scattano queste, tutto il resto – qualità, prezzo, etc. – va a farsi benedire.

Come farlo? Con strategie di comunicazioni mirate che partono dalle qualità reali e intrinseche del prodotto/servizio. Senza camuffamenti, senza finzioni, senza enfatizzazioni. Comunicare non è mentire, ma trasmettere le giuste sensazioni, i giusti messaggi non al “mucchio”, non ad una platea “indifferenziata”. Ma al nostro “target”. Si chiama “focalizzazione”. Tutto il resto è sparare nel mucchio. Può pure funzionale, ma ci vuole tanta tanta fortuna…Simili strategie, alla Ipse, preferiamo dirottarle sul gioco del Lotto o sul Gratta e Vinci. Per i nostri clienti, scegliamo altre strade…